domenica 23 marzo 2014

Gli strumenti urbanistici alternativi al piano particolareggiato - di Francesco Accardo

Nei dibattiti più moderni sul ricorso generalizzato dei piani particolareggiati come strumenti d'attuazione urbanistica da parte delle amministrazioni comunali, ci si interroga sempre più frequentemente sulla loro reale operatività (in particolare nelle zone di interesse storico, artistico e culturale): la difficile scrittura e lettura di questi ha comportato un periodo di stallo attuativo (facilmente riscontrabile anche in casi specifici come il quartiere Castello a Cagliari).

In tal senso il legislatore ha voluto introdurre nuovi piani urbanistici attuativi, che traducano in elaborati tecnici di dettaglio le previsioni e le prescrizioni degli strumenti urbanistici sovraordinati.

Di seguito vengono indicati i principali strumenti alternativi al piano particolareggiato e che hanno avuto già ampio riscontro (per un maggior dettaglio si rimanda ai tradizionali testi di Urbanistica).

Il Piano per l'Edilizia Economica e Popolare (PEEP) è stato introdotto con il D.L. 167/1962 e non è altro che un piano per zone da destinare alla costruzione di abitazioni a prezzi moderati e controllati, con proprietà degli alloggi in regime di diritto di superficie o di proprietà piena.

I Piani per gli Insediamenti Produttivi (PIP) sono piani di iniziativa pubblica per aree industriali (cfr. D.A. 2266/U/1983 Decreto Floris) progettati per accogliere attività monotematiche o un insieme di attività tra quelle indicate dalla legge.

I Piani di Recupero, di iniziativa pubblica o privata, riguardano gli immobili o intere zone del territorio comunale che non possono essere oggetto di trasformazione edilizia, ma sono invece soggetti a recupero dei fabbricati secondo prescrizioni sovraordinate. Queste zone di recupero possono anche essere estremamente circoscritte fino ad arrivare alla singola unità immobiliare e possono riguardare aree anche fuori dalle zone territoriali omogenee di centro storico (le zone di categoria A secondo il Decreto Floris). Lo scopo è la conservazione, il risanamento e il recupero degli edifici, la migliore destinazione d'uso di determinati edifici di particolare pregio e un nuovo e coerente utilizzo delle aree inedificate. 




Oltre questi, e più recentemente, si collocano i Programmi Complessi, strumenti di governo territoriali introdotti negli anni '90 per risolvere problemi di carattere amministrativo-gestionale (in particolare per il reperimento dei finanziamenti per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria). Tali programmi riguardano interventi diretti sul territorio che coinvolgono, fin dalle prime fasi della programmazione, le capacità economiche e imprenditoriali dei privati. Tali piani, prevedendo degli standard qualitativi e essendo essi stessi delle varianti allo strumento urbanistico vigente, riescono a smuovere territori degradati, disagiati e completamente ingessati individuando tempistiche, realizzatori e risorse per ogni singolo intervento sulle zone sulle quali vogliono agire.

Rientrano tra i Programmi Complessi: Programmi Intergrati di Intervento, Programmi di Recupero Urbano, Contratti di Quartiere, Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio.

(principale fonte le dispense del corso di Tecnica Urbanistica della Laurea Magistrale in Ingegneria Civile dell'UniCa, tenuto dall'ing. Cheti Pira)

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