martedì 29 aprile 2014

L'espansione della città: la Großstadt - di Gabriele Contini

Fino ad oggi le tecniche per l’espansione (e costruzione) di città nuove appaiono datate, mentre quelle per la trasformazione ancora immature. Prendendo però spunto da entrambe si può arrivare allo studio per la composizione di linee guida al fine di migliorare determinati aspetti.
Per affrontare poi il problema compositivo, si sono elaborate proposte e progetti diversamente finalizzati che creano così un patrimonio di idee, tecniche, ed esperienze.
Si è dunque arrivati a individuare delle regole suggerite e applicate per afforntare operativamente i problemi delle grandi espansioni. Lo schema è rappresentato da:
·      - Idea compositiva, cioè il modo di rapportarsi della città con i grandi elementi naturali, le destinazioni d’uso, e il rapporto tra pieni e vuoti
·      -  Intensità d’uso dei suoli e le densità abitative
·  - Sistema dei tracciati, quindi la partizione dei suoli, e l’articolazione del costruito e degli spazi aperti.

L’esempio che andiamo a riportare di seguito è quello della città sviluppata in altezza: la Großstadt.
Nel 1927, Ludwig Hilberseimer, in riferimento alle grandi metropoli americane, affronta il problema della congestione, del disordine, e della omologazione considerando i modelli fino a quel momento adottati come non adeguati.



L’idea compositiva è quella di una “struttura verticale”. Infatti la grande città deve essere progettata e costruita sulla base dei suoi stessi elementi, come i tipi edilizi, le strade, le ferrovie.
Il modello è quello di due città sovrapposte, una sopra l’altra. Sopra la città residenziale con il suo traffico pedonale e sotto la città degli affari con il traffico veicolare. In questo modo lo spostamento casa-lavoro-negozi, non avviene più orizzontalmente, ma verticalmente (piano pedonale tra residenza e uffici, il piano del traffico automobilistico al livello del suolo, e il sottosuolo dove corre la metropolitana).

L’intensità d’uso dei suoli prevede un milione di abitanti e una densità abitativa di 715 ab/ha. Un basamento di 5 piani è destinato alla città degli affari, mentre la parte superiore è dedicata alle residenze  per 15 piani, e in ogni isolato possono alloggiare 9000 persone.

Il sistema dei tracciati delimita gli isolati disposti in base alla migliore esposizione al sole. Il lato lungo è disposto in senso nord-sud, e la alrghezza delle strade dovà essere uguale all’altezza degli edifici, mentre la lunghezza dell’isolato è determinata dalla distanza delle stazioni della metropolitana.

Per quello che riguarda la partizione dei suoli, Hilberseimer, dichiara la propria propensione al mantenimento della forma tradizionale dell’isolato.

Le forme del costruito e degli spazi aperti si basano sulla sovrapposizione alla città degli affari della città residenziale alla quale corrisponde la sovrapposizione e la compisizione in un unico edificio di due tipi edilizi noti e sperimentati: i blocchi a corte per gli edifici e la produzione, e la “casa albergo” in linea per le residenze. L’isolato tipo è profondo 100 m e lungo 600 m. I corpi residenziali sono doppi e distribuiti da un corridoio centrale. I corpi direzionali sono tripli e non ne viene specificata la distribuzione interna.



Principale fonte: Patrizia Gabellini – Tecniche Urbanistiche

Per approfondire: Mara De Benedetti, Attilio Pracchi – Antologia dell’architettura moderna

venerdì 25 aprile 2014

Metropolitane del mondo: Bilbao

Città collocata nella parte settentrionale della Spagna e la più grande dei Paesi Baschi, che conta 352 mila abitanti con una densità abitativa di 8676,51 ab./km2.

La città dispone di una flotta completa di mezzi di trasporto pubblici (autobus urbani, tram, taxi e metropolitana), che collegano tutte le zone tra loro e permettono di spostarsi in modo comodo e veloce.



La Metro
Venne inaugurata nel 1995 con la linea L1 che prevedeva 25 stazioni (oggi 28), che ricalca il tragitto del precedente treno urbano. In seguito fu ampliata con la linea L2 nel 2002.
La lunghezza complessiva della metro è di 43,31 km per un totale di 40 stazioni di cui 16 in superficie e 24 in sotterranea, con un traffico medio annuo di circa 88,5 milioni di passeggeri. La distanza media fra le stazioni è di circa 1,09 km.
La linea L1 prevede l’attraversamento dell’estuario del Nerviòn fino alla sponda destra del fiume, mentre la linea L2 fa tra i principali punti di connessione, la città di Echevarri e la riva sinistra dell’estuario.

Il progetto del Metro di Bilbao fu assegnato al gruppo di Norman Foster. Basato sull'acciaio, il cristallo e il cemento armato, con l'idea di ottenere un disegno urbano, ampio e comodo. Il disegno delle panchine fu realizzato da Akaba, società che vinse con il suo lavoro il Premio Nazionale di Disegno Industriale del Ministero delle Scienze e Tecnologie nel novembre del 2000.
Particolare è la struttura degli accessi al metro, costruiti in cristallo, i quali sono chiamati affettuosamente fosteritos, in onore dell'architetto che li progettò. Otl Aicher si incaricò della progettazione grafica della segnaletica per ogni stazione. Essa si basa sul colore rosso, con lettere bianche per i dati principali, e nere per quelli secondari. Questa colorazione permette agli utenti di identificare le istruzioni in modo più leggibile.

La stazione di Sarriko ricevette il Premio Brunel per il disegno ferroviario nel 1998. Questa stazione è differente rispetto  alle altre poiché presenta un grande volta di cristallo che fornisce luce naturale a tutta la stazione.
La stazione di Ansio della linea L2 presenta una leggera somiglianza con quella di Sarriko per esser costruita sotto terra, ma dall'interno si vedono i marciapiedi incavati nel terreno. Nei pressi della stazione è presente inoltre una piazza con la presenza di autobus e taxi.



Prospettive future

È previsto un ampliamento lungo il margine sinistro del fiume (L2) e lungo altre aree del Bilbao Metropolitano, come l'Aeroporto e il Parco Tecnologico (nuova L3, già in costruzione).
Inoltre è stato completato lo studio informativo per la linea L4, mentre il progetto di costruzione per la linea L5 è in fase di elaborazione.

“Con la riqualificazione del nostro sistema di trasporto abbiamo completamente cambiato il nostro angolo di visione - afferma l’assessore alla mobilità Asier Abaunza - siamo passati da una città pensata per le macchine ad una città pensata per i pedoni”. A Bilbao lo sviluppo dei sistemi di trasporto ha contribuito a modificare radicalmente le abitudini dei cittadini in tema di mobilità, partendo da un’analisi e un monitoraggio delle problematiche più sentite dalla popolazione. Ad oggi il 64% dei cittadini si sposta a piedi mentre solo il 12% utilizza l’auto in città, percentuale che sale al 50% nell’area metropolitana, con una diminuzione sensibile rispetto al passato grazie all’estensione del sistema di metropolitana e alla progressiva integrazione tra i mezzi di trasporto.




martedì 22 aprile 2014

Le rotatorie: caratteristiche e campi di applicazione - di Gabriele Contini


Negli ultimi quindici anni anche in Italia si sono diffuse le rotatorie di cosiddetta moderna concezione, o di seconda generazione, ossia con precedenza ai veicoli che si trovano a percorrere l’anello, anziché a quelli che entrano dai diversi rami, regola che invece valeva per le rotatorie della prima generazione. Questa nuova regola di gestione delle precedenze all’anello fa sì che si possano realizzare rotatorie di dimensioni abbastanza contenute a fronte di alti valori di capacità di traffico.



Sebbene ciò sia stato adottato per la prima volta nel Regno Unito già dalla seconda metà degli anni Sessanta, solo dopo vent’anni le rotatorie di seconda generazione hanno cominciato a diffondersi negli altri Paesi Europei. Tra il 1987 e il 2002, in particolare, Germania, Francia e Svizzera finanziano ricerche specifiche ed estese e pubblicano delle Norme Tecniche che, assieme a quelle Inglesi, fanno ormai scuola e sono tra i maggiori riferimenti della tecnica corrente. In Italia parte soltanto nel ’93, col Nuovo Codice della Strada e bisogna aspettare ben dieci anni per vedere, nel 2004, una prima Normativa Tecnica nazionale.

La Normativa italiana (D.M. 19/04/2006) suddivide le rotatorie in relazione alla forma ed ai criteri adottati per la progettazione.
Riguardo alla forma, le rotatorie vengono distinte in configurazioni circolari e in sistemazioni a circolazione rotatoria di conformazione diversa da quella circolare. Le prime vengono poi catalogate in funzione di due differenti approcci progettuali: lo standard riferito alla rotatoria moderna ed il criterio dei tronchi di scambio.

Riguardo alle rotatorie di forma tradizionale (circolare), da progettare con il principio della rotatoria moderna, le Norme propongono la seguente classificazione in funzione del diametro della circonferenza esterna (limite della corona giratoria):
  • Mini rotatorie: diametro esterno compreso tra 14 m e 25 m.
  • Rotatorie compatte: diametro esterno compreso tra 25 m e 40 m.
  • Rotatorie convenzionali: diametro esterno compreso tra 40 m e 50 m.
Per il dimensionamento delle sistemazioni con “circolazione rotatoria” non rientranti nelle tipologie su esposte, le Norme propongono una composizione geometrica basata sul principio dei tronchi di scambio tra due bracci contigui. A tale categoria di rotatorie è possibile ricondurre le due seguenti tipologie:
  • Sistemazioni con circolazione rotatoria di forma circolare, con diametro maggiore di 50 m.
  • Configurazioni a circolazione rotatoria di forma diversa da quella classica (circolare), ad es: intersezioni a clessidra, ovoidali, a forma di otto allungato.
L’utilizzo della mini-rotonda è generalmente riservato al centro urbano e alle aree residenziali, che sono caratterizzati da un basso volume di traffico veicolare (composto in prevalenza da mezzi leggeri), da una velocità di transito ridotta e da una buona visibilità notturna. Le mini rotonde permettono la trasformazione di incroci tradizionali, utilizzando spazi ridotti, portando così alcuni benefici propri delle rotatorie classiche (ad esempio in primo luogo la riduzione della velocità nell’incrocio).

Le rotatorie compatte vengono prevalentemente utilizzate in ambito urbano; esse sono indica- te per una viabilità che non si trovi lungo linee importanti del trasporto pubblico e caratterizzata dalla bassa presenza di traffico pesante (inferiore al 5%). Esse dovranno essere di tipo semi-sormontabili quando il diametro esterno ha un valore al di sotto dei 30 m, per consentire l’inscrivibilità e le manovre dei mezzi pesanti.

Le rotatorie medie vengono usate sia in ambito urbano che extraurbano; esse sono adeguate per le viabilità interessate da un rilevante passaggio di mezzi pesanti.

Aspetto fondamentale che caratterizza la rotatoria rispetto ad altri tipi di intersezione è che questa è in grado di controllare la velocità all’interno dell’incrocio, mediante l’introduzione nella geometria del raccordo di una deflessione, che impedisce l’attraversamento con una traiettoria diretta. Si costringe così l’utente a limitare la velocità indipendentemente dalla segnaletica stradale.





La decisione di sistemare un incrocio a rotatoria si basa, oltre che su criteri di gestione del traffico (capacità e livello di fluidità dell’intersezione), anche su criteri di sistemazione urbanistica. Infatti la costruzione di una rotonda può risultare conveniente nei seguenti casi:
·   • quando si vuole evidenziare l’entrata di una località, di un quartiere o di uno spazio di transizione tra tessuti urbani morfologicamente differenti;

·   • nell’intersezione di tre o quattro rami, quando le portate di svolta a sinistra e di attraversamento della strada secondaria non sono trascurabili rispetto a quelle della strada principale;
·   • in un incrocio con più di quattro rami;
·   • quando si vuole ridurre l’inquinamento di origine veicolare attraverso la fluidificazione del traffico e la riduzione delle manovre di “stop and go”;
·   • nella sistemazione di incroci dove gli incidenti si verificano ripetutamente, ad esempio a causa dell’elevata velocità. Vari studi hanno dimostrato che, con l’adozione dello schema circolare, si consegue in genere un miglioramento della sicurezza con un decremento degli incidenti;
·   • nel caso di intersezioni dove il perditempo causato dal semaforo sarebbe maggiore. In molte situazioni le rotatorie offrono capacità simili a quelle del semaforo ma operano con minor perditempo e con maggior sicurezza, in particolare nei periodi in cui il traffico non è intenso;
Non sempre però è possibile usufruire dei vantaggi conseguibili con la realizzazione delle rotatorie. In particolare esistono alcuni casi in cui l’adozione di una rotatoria è tecnicamente difficile se non addirittura controproducente.

Le situazioni di difficoltà più evidenti sono dettate:

·   • dalla mancanza di spazio per poter sviluppare in modo corretto il dimensionamento della rotatoria per problemi orografici, di espropri o di ricollocazione dei sottoservizi;
·   • dalla regolazione centralizzata e diretta del traffico che interessa ampie aree e consente la programmazione di precedenza per determinati flussi veicolari ed il trattenimento di altri. La caratteristica di non gerarchicità per i flussi in rotatoria e l’impossibilità di incentivare o disincentivare itinerari o componenti di traffico a partire dall’ingresso nella connessione, rendono la presenza dello schema circolare interposto tra altri tipi di intersezione, non compatibile con questi moderni criteri di gestione centralizzata dei flussi. Ciò si traduce nella inconciliabilità delle rotatorie con successioni di incroci regolati da semafori a onda verde;
·   • dalla frequente presenza di traffico di veicoli pesanti e carichi eccezionali e la mancanza di spazio per garantire un corretto dimensionamento della struttura;
·   • dalla presenza di strade con caratteristiche di volumi di traffico molto differenti; in generale è sconsigliato l’utilizzo della rotatoria quando il rapporto tra flusso su arteria secondaria e quello sull’asse principale è inferiore al 20%;
·   • dall’incremento, oltre il limite della tollerabilità, della lunghezza dei percorsi pedonali in ambito urbano;
·   •  dalla presenza di condizioni topografiche che non permettono di ottenere delle distanze di visibilità sufficienti per la sicurezza dell’utente.




http://www.avanzi.unipi.it/comunicazione/quaderni_ciraa/documenti_quaderni/CIRAA_quaderno_6.pdf

http://www.epc.it/contenuti/rotatorie_sito.pdf


venerdì 18 aprile 2014

Come ti distruggo un pezzo di città - la Villa Serra

Bisogna inerpicarsi per il vico III Sant' Avendrace tra due palazzoni identici e fuori misura, farsi largo tra le sterpaglie e i rovi costeggiando un gruppo di casupole occupate abusivamente e evitare i cumuli di rifiuti per poter apprezzare e capire cosa era un tempo e cosa è invece oggi la villa Serra.

Questo edificio su tre livelli, costruito alla fine dell'800 era conosciuto precedentemente con il nome di villino Garbato, dal nome dei proprietari che qui abitavano fino agli anni '20. Il nome attuale è stato invece dato dall'ultimo titolare dell'immobile.



Come scrive Francesco Erbani su la Repubblica del 23 maggio 2008 "si tratta di una gentilissima costruzione ottocentesca, nel cui giardino sorge uno dei palazzoni che sovrasta le tombe. Molte sepolture sono dentro i ruderi del villino, camere mortuarie incassate nella grotta accanto a colombari. Le pareti sono tagliate in orizzontale e sul fondo è scavato l’alloggio per i corpi. Per terra una carcassa di motorino, una batteria di auto, i resti di un pasto. Fino a pochi anni fa dalle finestre del villino si vedeva lo stagno di Santa Gilla e poi il mare. Ora c’è una muraglia di case".

Questo edificio su tre livelli costruito nell'800 era conosciuto precedentemente con il nome di villino Garbato, dal nome dei proprietari che qui abitavano fino agli anni '20. Il nome attuale deriva invece dall'ultimo titolare dell'immobile.

Residenza padronale prima, rifugio anti-aereo di fortuna durante la Seconda Guerra Mondiale e, come riportato sia da Roberto Copparoni che da Marcello Polastri, anche luogo di feste e addirittura sala da ballo dal dopoguerra fino agli anni '70. Da allora la villa è completamente abbandonata in mano a balordi, tossicodipendenti, prostitute e senzatetto. Sono infatti evidenti i segni dell'incuria e del degrado degli anni: materassi, preservativi, boccette di metadone e siringhe sono solamente alcuni esempi di ciò che è possibile trovarci.



Ma, nonostante l'uso deviato fatto negli anni e il degrado totale regnante, la villa rimane comunque una testimonianza dello stile liberty caratteristico della città di Cagliari ed è di particolare importanza per la stratificazione storica e abitativa facilmente riscontrabile. La villa ha la peculiarità di insistere sopra un'area archeologica molto importante per le preesistenze di differenti periodi. Non solo dell'epoca fenicio-punica (nei dintorni dell'abitazione sono diverse le tombe a pozzo) come la gran parte della zona dei colli di Sant'Avendrace, ma più che altro dell'epoca romana. L'edificio si appoggia infatti sopra una serie di tombe caratterizzate da degli arcosoli descritti già nel 1861 nella Guida alla città di Cagliari e dintorni dal canonico Giovanni Spano, che cita una serie di elementi decorativi molto belli e particolari.



La villa si appoggia inoltre al costone roccioso, inglobando tutta una serie di ambienti funerari riadattati a cantine e cucine. Colombari e tombe ad arcosolio sono collegati tra loro sfondando le pareti, oggi sommersi di macerie, rifiuti, escrementi, graffiti.

Tra le presistenze va citata senza dubbio alcuna una tomba, proprio nei pressi della villa Serra, che è la sepoltura (o colombario) di Gaio Rubellio, caratterizzata da una iscrizione funeraria posta all'ingresso:

C(aius) Rubellius Clytius
Marciae L(uci) f(iliae) Helladi
Cassiae Sulpiciae C(ai) f(iliae) Crassillae
coniugibus carissimis
posterisque suis.
Qui legis hunc titulum mortalem
te esse memento.

Si tratta di una tomba a camera con una pianta quadrangolare databile I secolo d.C. all'interno della quale vi si può accedere tramite sei gradini semicircolari o direttamente dall'interno della stessa villa Serra. L'ingresso principale è sormontato da un'iscrizione in latino racchiusa in una semplice modanatura: "ricordati di questa tomba, tu mortale che passi di qui".




All'interno sono presenti tre nicchie principali per contenere le urne del defunto (Caius Clytius Rubellius) e delle sue due mogli e ancora una struttura con altre due nicchie e un arcosolio, di età posteriore. Al di sotto delle tre nicchie principali come titulus proprietatis della struttura è anche visibile lo spazio per l'inserimento delle lapidi, purtroppo non ritrovate.

La grotta, così come la villa Serra, abitata negli anni anche da senzatetto, spesso occupata da abusivi e ritrovo di tossicodipendenti, è stata vandalizzata e ora è in fase di restauro per una futura apertura, con i lavori consegnati il 23 settembre 2011 e attivati grazie a finanziamenti ARCUS.

Ma ciò che perplime è la miopia (o forse la completa cecità) di quei modesti burocrati delle pubbliche amministrazioni che prevedono sì un recupero(e già finanziato) a futura fruizione della tomba di Rubellio, senza però occuparsi minimamente della zona circostante, dell'accesso alla tomba stessa e quindi senza occuparsi della villa Serra, delle casupole occupate, delle scalette del vico completamente degradate.



Manca, come sempre, la visione complessiva e l'idea stessa di pianificazione e di concertazione degli interventi.

Forse aveva dunque ragione Marcello Fois nello scrivere che "la constatazione più grave e triste per qualunque sardo di buona volontà è che, dietro la questione Tuvixeddu, c’è il peccato capitale isolano: quello di non rendersi conto del patrimonio che si ha sotto gli occhi. Le comunità colonizzate da un capitalismo malinteso e da un malinteso affarismo, che ha radici nella bassissima considerazione di se stessi, spesso preferiscono il guadagno a breve termine al patrimonio a lungo termine".